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Il pignoramento di quote sociali ex art. 2471 c.c nel processo civile telematico

Si pubblica di seguito, l’ottimo saggio del Collega Giuseppe Vitrani (Torino) in tema di pignoramento di quote sociali ex art. 2471 c.c. in ambito di PCT.

Come noto esiste nell’ordinamento giuridico italiano una particolare forma di processo esecutivo che non trova la sua regolamentazione all’interno del codice di procedura civile, bensì all’interno del codice civile.
Ci riferiamo all’espropriazione di quote sociali che è regolamentata dall’art. 2471 c.c., il quale testualmente dispone: “la partecipazione può formare oggetto di espropriazione. Il pignoramento si esegue mediante notificazione al debitore e alla società e successiva iscrizione nel registro delle imprese. L’ordinanza del giudice che dispone la vendita della partecipazione deve essere notificata alla società a cura del creditore. Se la partecipazione non è liberamente trasferibile e il creditore, il debitore e la società non si accordano sulla vendita della quota stessa, la vendita ha luogo all’incanto; ma la vendita è priva di effetto se, entro dieci giorni dall’aggiudicazione, la società presenta un altro acquirente che offra lo stesso prezzo. Le disposizioni del comma precedente si applicano anche in caso di fallimento di un socio”.
Come altrettanto noto, con la (ennesima) riforma delle procedure esecutive sono state dettate nuove disposizioni per l’iscrizione a ruolo delle stesse per via telematica; il decreto legge n. 132/14 (convertito in legge n. 162/2014) ha infatti profondamente riformato, per quanto qui d’interesse, gli articoli 518, 543 e 557 (e ha introdotto l’art. 521 bis), prevedendo in particolare che la formazione del fascicolo dell’esecuzione avvenga a cura dell’avvocato. Contestualmente, con la medesima novella legislativa, è stato aggiunto un periodo all’art. 16 bis, comma, d.l. 179/12, ai sensi del quale “a decorrere dal 31 marzo 2015, il deposito nei procedimenti di espropriazione forzata della nota di iscrizione a ruolo ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Unitamente alla nota di iscrizione a ruolo sono depositati, con le medesime modalità, le copie conformi degli atti indicati dagli articoli 518, sesto comma, 543, quarto comma e 557, secondo comma, del codice di procedura civile. Ai fini del presente comma, il difensore attesta la conformità delle copie agli originali, anche fuori dai casi previsti dal comma 9-bis”.
L’attento lettore noterà come dall’elenco che precede manchi del tutto l’art. 2471 c.c.; si pone quindi l’interrogativo di come vada iscritto a ruolo un pignoramento di quote sociali e di quali adempimenti debbano seguire (o accompagnare) l’iscrizione a ruolo. In particolare il dubbio riguarda se anche nel caso della procedura esecutiva in esame il difensore debba provvedere all’iscrizione a ruolo della procedura per via telematica e se anche in tal caso debba provvedere all’attestazione di conformità degli atti e titoli restituitigli dall’Ufficiale Giudiziario.
La risposta, vedremo, non è per nulla scontata e ce ne rendiamo conto già solo leggendo la parte novellata dell’art. 16 bis, comma 2, d.l. 179/12; se diamo alla norma un’interpretazione letterale ci rendiamo conto che nel caso in esame, contrariamente a quanto ci potremmo aspettare, vi sarebbe un unico adempimento da espletare in via telematica, ovvero l’iscrizione a ruolo della procedura; la prima parte della norma è infatti la sola riferita a tutti i procedimenti di esecuzione forzata “il deposito nei procedimenti di espropriazione forzata della nota di iscrizione a ruolo ha luogo esclusivamente con modalità telematiche”; dopodiché la norma passa ad occuparsi esclusivamente delle procedure di cui agli art. 518, 543 e 557 c.p.c., senza fare menzione alcuna dell’art. 2471 c.c.
A leggere tale parte della norma sembrerebbe che, effettuato il deposito telematico della nota di iscrizione a ruolo, la procedura dovrebbe seguire i canoni classici ante riforma e cioè: istanza di vendita, deposito dell’atto di pignoramento notificato e documentazione attestante l’avvenuta iscrizione della formalità presso il Registro delle Imprese andrebbero depositati “in cartaceo” direttamente presso la cancelleria, senza necessità di alcuna attestazione di conformità e, soprattutto, senza l’obbligo di osservare i ristretti termini posti dalle norme sopra citate, per di più a pena di inefficacia del pignoramento.
Il problema è che però gli schemi ministeriali dettati per l’iscrizione a ruolo telematica delle procedure esecutive impedirebbero di seguire la procedura appena descritta, essendo gli stessi strutturati in modo da non consentire il deposito della sola nota di iscrizione a ruolo; pertanto, titolo esecutivo, atto di precetto e atto di pignoramento restituiti dall’ufficiale giudiziario dovrebbero essere depositati telematicamente ma, seguendo la linea interpretativa in esame, più per “accontentare” i sistemi informatici che non in adempimento di un preciso obbligo di legge.
Inoltre occorre anche considerare che la prima parte della norma impone il deposito telematico per tutti gli atti successivi a quello con cui inizia l’esecuzione ma solo per i procedimenti di cui al libro III del codice di procedura civile; posto che il pignoramento delle quote sociali non è regolato dal codice di rito ma solo dal codice civile, ragionando sempre in un’ottica rigorosamente letterale neppure tale norma di carattere generale potrebbe applicarsi alla procedura esecutiva in commento.
A tale ragionamento si potrebbe però obiettare che la procedura esecutiva di cui all’art. 2471 c.c. rientrerebbe in realtà in una delle tre categorie classiche contemplate dal codice di rito. Occorre dunque approfondire il tema della natura del pignoramento di quote sociali, tuttora assai dibattuto in dottrina e giurisprudenza.
La giurisprudenza prevalente in passato, in epoca anteriore alla formulazione della norma in commento (e sotto il vigore dell’abrogato art. 2480 c.c.), sposava la tesi dell’applicazione della disciplina del pignoramento presso terzi immaginando la quota come diritto di credito verso la società (ex multis, v. Cass. 13019/92; Cass. 2926/97). Per vero si giungeva a tale conclusione per esclusione, non ritenendosi applicabile né la disciplina del pignoramento mobiliare, che, secondo tale giurisprudenza, presupponeva pur sempre l’esistenza di una cosa materiale da apprendere, né, ovviamente, la disciplina del pignoramento immobiliare. Inoltre si riteneva (e da taluni si riteneva ancora recentemente) che la notificazione dell’atto di pignoramento alla società avesse le funzione di consentire a quest’ultima di presenziare all’udienza al fine di riferire sulla posizione globale del debitore e sulla consistenza della sua quota ovvero circa l’esistenza di vincoli sulla stessa. Per la verità, tale argomento ha ora perso ogni fondamento dal momento che con la riforma dell’art. 543 c.p.c. è stata eliminata la citazione del terzo tra i requisiti dell’atto di pignoramento presso terzi.
La tesi esposta non convince però la più recente giurisprudenza la quale ha giustamente considerato che le nuove disposizioni, introdotte con il nuovo art. 2471 c.c., siano giunte a configurare un procedimento del tutto nuovo ed estraneo al pignoramento presso terzi, da svolgersi mediante notifica al debitore e alla società di un atto complesso da iscriversi successivamente nel registro delle imprese, senza necessità alcuna di invitare la società a rendere la dichiarazione di cui all’art. 547 c.p.c. (in tal senso v. Trib. Parma, 20 maggio ’13; Trib. Udine 18 febbraio ’13, entrambe pubblicate su IlCaso.it).
Secondo altra recente giurisprudenza (Trib. Milano, 8 ottobre ’14, rinvenibile per esteso su IlCaso.it) occorre considerare che la laconica disciplina dettata in materia di espropriazione delle partecipazioni societarie lascia di per sé irrisolto il problema di quale sia la disciplina processuale applicabile a tale forma di espropriazione ed in particolare, se sia applicabile direttamente la disciplina dettata dagli artt. 513 e ss. per l’espropriazione dei beni mobili, ovvero se questa disciplina possa essere applicata solo in via analogica e salvo il limite della sua compatibilità con le caratteristiche proprie dell’espropriazione delle quote sociali.
In realtà, prosegue la giurisprudenza in commento, la disciplina dettata dal capo II, titolo II del libro III del codice di rito civile sembra trovare al più un’applicazione solo analogica all’espropriazione delle partecipazioni sociali in virtù delle seguenti considerazioni:
1. gli artt. 513 e ss. c.p.c. presuppongono l’esistenza materiale del bene mobile oggetto dell’espropriazione come si ricava dai seguenti articoli: 513 (ricerca delle cose da pignorare), 514, 515 e 516 (tutti materiali i beni assolutamente, relativamente e in particolari circostanze impignorabili), 518 e 519 (forma e tempo del pignoramento), 520 e 521 (in materia di custodia) 523 e 524 (in materia di pignoramenti uniti e successivi); tanto considerato, siccome la disciplina dettata per le espropriazioni mobiliari riguarda le cose dotate di un substrato materiale, solo in via analogica, la relativa disciplina potrebbe essere applicabile alle partecipazioni sociali che, evidentemente, sono prive di un substrato materiale;
2. il pignoramento di quote sociali si esegue in via “documentale”, mediante notifica di un atto al debitore e alla società e successiva iscrizione dell’atto di pignoramento nel registro delle imprese: tale forma di pignoramento richiama da vicino la forma (pure documentale) di pignoramento dei beni immobili più che la disciplina del pignoramento dei valori mobiliari;
3. il pignoramento di quote sociali è una fattispecie a formazione progressiva che richiede per il suo perfezionamento tanto la notifica di un atto quanto la sua successiva iscrizione nel registro delle imprese;
4. depone, ancora, nel senso dell’assoluta peculiarità della disciplina relativa ai pignoramenti di partecipazioni sociali la considerazione per cui, almeno prima della riforma del 2003, la giurisprudenza della Suprema Corte era pacifica nel ritenere che il pignoramento delle partecipazioni sociali si eseguisse nelle forme del pignoramento presso terzi, con ciò escludendo l’applicabilità della disciplina dettata in materia di espropriazione mobiliare presso il debitore al previgente articolo 2480 c.c.;
Alla luce delle considerazioni che precedono, deve dunque ritenersi che effettivamente il pignoramento di quote sociali presenta caratteristiche sue proprie e che tali caratteristiche devono essere considerate nell’individuazione della disciplina applicabile alla vendita (o alla richiesta di assegnazione), considerando che, ove si affermi la possibilità di applicare alle vendite di quote sociali la disciplina dettata per l’espropriazione presso il debitore a tale risultato si può giungere – salvo il limite della compatibilità – solo facendo applicazione analogica della ridetta disciplina e non affermando che le regole di cui agli artt. 513 e ss. trovano diretta applicazione nel caso di pignoramento di quote sociali.
Da tale ragionamento discende l’ulteriore considerazione che, potendosi applicare la normativa sulle espropriazioni mobiliari solo per via analogica, nell’ambito dell’espropriazione di partecipazioni sociali, in forza dell’art. 14 disp. prel. c.c., non troverebbe applicazione la regola, evidentemente eccezionale, di cui all’art. 518 c.p.c. novellato in forza della quale il difensore del creditore attesta la conformità del processo verbale, del titolo esecutivo e dell’atto di precetto ai soli fini del presente articolo.
Invero, la formulazione della norma e le cautele che la circondano, lasciano ad avviso di chi scrive pochissimo spazio alla possibilità di applicazione analogica anche alla fattispecie di cui all’art. 2471 c.c. che, come visto, configura un tipo di pignoramento del tutto peculiare.
E del resto, anche laddove si volesse superare il problema posto dall’art. 14 disp. prel. c.c. e si volesse comunque applicare la disciplina del pignoramento mobiliare permarrebbe ad esempio il dubbio sul momento dal quale inizierebbe a decorrere il termine di quindici giorni per l’iscrizione a ruolo della procedura: dalla notifica del pignoramento o dall’iscrizione dello stesso nel registro delle imprese?
Abbiamo infatti visto che nel caso di specie, in realtà, il pignoramento si perfeziona con l’iscrizione nel registro delle imprese e non con la semplice notifica dell’atto di pignoramento, sicché non si potrebbe neppure applicare per via analogica il disposto dell’art. 557 c.p.c. per il caso in cui il creditore (e non l’ufficiale giudiziario) procede alla trascrizione del pignoramento. In questo caso, infatti, la pubblicità immobiliare non ha efficacia costitutiva, ma serve semplicemente a regolare il possibile conflitto tra acquirente e creditore pignorante.
In tal caso, dunque, anche un’applicazione analogica delle norme del codice di procedura non porterebbe ad alcun valido risultato e, pertanto, ad avviso di chi scrive tanto vale “arrendersi all’evidenza”.
Presumibilmente ci si trova di fronte all’ennesima svista del legislatore che, al momento di varare la riforma delle procedure esecutive, ha completamente dimenticato il procedimento di espropriazione delle quote sociali; ciò considerato, tuttavia, non paiono percorribili molte altre strade che non siano quelle di un’interpretazione rigorosamente attinente al dato letterale della legge (nello specifico dell’art. 16 bis, II comma, d.l. 179/12) che consente dunque il solo deposito telematico della nota di iscrizione a ruolo (oltreché, come detto in apertura del presente scritto , degli allegati necessari previsti dagli schemi ministeriali, ovvero titolo esecutivo, atto di precetto e pignoramento).
Dopodiché, effettuato tale incombente, per il quale a questo punto non dovrebbero neppure valere i ristretti termini di cui agli art. 518, 543 e 557 c.p.c. (anche se, a dire il vero, un principio di prudenza insegna che il rispetto degli stessi certamente non sarebbe un male), non pare esservi molto spazio per il deposito telematico degli atti successivi quali l’istanza di vendita o la prova dell’iscrizione del pignoramento in camera di commercio.
Un’ultima avvertenza pare d’obbligo e riguarda gli allegati alla nota di iscrizione a ruolo che, come visto, sarà necessario inserire per soddisfare i sistemi informatici; nello specifico, come detto, non pare che l’assetto normativo autorizzi il difensore a provvedere all’attestazione di conformità di questi ultimi, proprio per l’eccezionalità del potere attribuito e limitato alle esecuzioni di cui agli art. 518, 543 e 557 c.p.c. (alle quali, come visto, non è assimilabile tout court il pignoramento di quote societarie).
E si noti, nel caso di specie la cautela è d’obbligo; stante che il difensore è chiamato a svolgere funzioni di pubblico ufficiale, è evidente che un esercizio di tali funzioni in assenza della norma attributiva del relativo potere potrebbe rivelarsi fonte di non pochi problemi, cosicché, anche per tale motivo, pare prudente non svolgere attività di certificazione se non in presenza di indicazioni legislative chiare ed univoche.
Pare dunque dubbio che, nel caso di specie, sussista il potere di procedere all’attestazione di conformità, sicché sarebbe forse più prudente astenersi da tale attività certificatoria e depositare direttamente gli originali in cancelleria dopo aver allegato semplici fotocopie alla nota di iscrizione a ruolo (al fine esclusivo, come detto, di “accontentare” il sistema informatico).
Dopodiché, visto il sistema fortemente farraginoso che emerge dall’analisi che precede, si spera che il legislatore metta mano anche all’art. 2471 c.c. coordini tale procedura con tutte le altre disciplinate dal codice di rito.