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SULLA MORRA, SULLA FORTUNA E SULLA CRITTOGRAFIA: IL NUMERO 21.

La morra.

C’era un tempo, molti secoli fa, in cui un gioco, fatto di numeri, si diffuse tra un gruppo ristretto di iniziati.
Era la morra. Un gioco dove 2 o piu’ persone contrapposte tra loro, dovevano indovinare la somma dei numeri che venivano mostrati con le dita dai giocatori.
Le regole.
Le regole della morra sembrano semplici ma cio’ che rende affascinante e complesso questo “gioco”, sono le strategie utilizzate dai giocatori (o gruppi di giocatori) e le parole criptiche urlate, quasi a voler intimorire l’avversario, richiamando termini dialettali del luogo dove si gioca, ma storpiate per rendere il tutto ancora piu’ difficile. In alcuni casi dei veri e propri monosillabi
Simultaneamente i due giocatori (o i gruppi di giocatori contrapposti) tendono il braccio mostrando il pugno oppure stendendo un numero di dita a scelta, mentre gridano un numero da due a dieci (il “pugno” equivale all’uno e il dieci è anche chiamato proprio “morra”).
Il giocatore che indovina la somma conquista il punto e, nel caso di gioco a squadre, mantiene la mano e dovrà combattere con l’altro giocatore della squadra concorrente e così via.
Se entrambi i giocatori indovinano la somma il gioco continua e nessuno guadagna il punto. Il gioco finisce quando si raggiunge il punteggio deciso all’inizio dai giocatori.
Si può giocare uno contro uno (la forma base del gioco) oppure due contro due, ovvero quattro giocatori divisi a squadre dove le squadre sono poste specularmente.
Le stategie.
Piu’ giocatori e piu’ il gioco si complica. Un gioco che, nonostante quello che si possa pensare, non ha nulla a che vedere con la fortuna, ma richiede doti di abilita’, di calcolo e strategie.
E sono proprio le strategie a rendere ancora piu’ complesso e affascinante il tutto. La velocita’ con la quale si ripetono le sequenze, l’analisi delle mani che gettano i numeri, la previsione delle mosse dell’avversario e la previsione della previsione dell’avversario, richiedono doti non comuni di osservazione, ragionamento, prontezza di riflessi.
La prontezza di riflessi apre le porte anche a bari che, puntando sulla velocita’, provano a modificare il numero lanciato con movimenti rapidi tentando di imbrogliare gli avversari.
Le urla con cui si gridano i numeri, sono uno strumento per intimorire l’avversario ma anche per distrarlo nel lancio successivo. O meglio: per convincerlo inconsciamente a buttare un determinato numero
Il premio.
 
La morra prevede un premio per chi indovina il numero dell’avversario. Il premio viene stabilito prima di ogni gioco e generalmente e’ un bene suscettibile di valutazione economica che viene offerto dai contendenti. Il che ci porta alla scommessa e al rischio di essere interpretato come alternativo gioco d’azzardo.
La storia: un percorso iniziatico?
Un gioco antico come la storia del mondo. E come la storia dei numeri. Un gioco riservato solo ad esperti o meglio, iniziati. Tramandato nei secoli e decisamente frainteso da gran parte delle persone.
E se la morra non fosse un semplice “gioco”? E se il divieto di giocare a morra non sia da ricercarsi nel rischio delle risse conseguenti il gioco ma in qualcos’altro?
La dietrologia non e’ il mio forte e tantomeno lo dovrebbe essere per un legale. Ma piu’ ci addentriamo nel mondo di Bitcoin e piu’ si trovano interessanti analogie con i numeri e con il loro recondito significato.
Per capire meglio la storia della morra e’ interessante fare un viaggio indietro nel tempo per cercare le sue origini.
Alcuni ritengono che questo gioco risalga al 700 a.c. Forse nato in Egitto nel periodo della XXV dinastia. Ma non e’ escluso che sia nata molto tempo prima.
Tracce della morra sono state rinvenute non solo nei dipinti Egizi ma anche in quelli dell’antica Grecia con Elena e Paride ritratti mentre sono intenti nel gioco.
Proseguendo nel tempo, le tracce piu’ importanti della morra sono da collocarsi nel periodo dell’Impero Romano.
Cicerone, in un suo scritto, ci dice che “dignus est quicum in tenebris mices”, ossia “è persona degna quella con cui puoi giocare alla morra al buio”.
Il divieto
 
La morra e’ vietata. O meglio non si puo’ giocare in pubblico. E’ tollerata nei luoghi privati. Ma non puo’ essere praticata in pubblico. In Italia questo divieto lo si rinviene negli articoli 718 e 721 del codice penale in relazione al divieto di gioco d’azzardo.
Come noto l’articolo 721 c.p. definisce gioco d’azzardo quello nel quale ricorre il fine di lucro e la vincita o la perdita è interamente o quasi interamente aleatoria.
Ma quando e’ che si configura l’alea e perche’ il legislatore ha voluto estendere in maniera vaga il divieto non solo a quei giochi che si basano “interamente” sull’alea ma anche a Quelli che si basano “quasi interamente” su tale elemento connesso alla fortuna?
Un interessante inquadramento in questo senso e’ quello offertoci dalla Sentenza Cass. pen. n. 10674/1997 in relazione al “ramino”.
In questa decisione si evidenzia come la vincita in un gioco possa basarsi su piu’ elementi: abilità, esperienza, capacità, intuito, tempestività delle decisioni da parte del giocatore ed infine anche alea.
Ma l’alea, ove presente anche se in misura minima, puo’ facilmente diventare l’elemento predominante. Una sorta di pillola avvelenata che trasforma un gioco di abilita’ in gioco di fortuna. Per vincere un premio suscettibile di valutazione economica.
Ad ogni buon conto la Morra e’ stata inserita by default nella lista dei giochi illeciti di cui all’art. 110 del TULPS (Testo Unico Leggi Pubblica Sicurezza) che non possono essere praticati in pubblico.
La fortuna non esiste. Come il caso.
Il ruolo della crittografia.
 
Che la fortuna non esista e’ un fatto scientificamente indiscutibile anche se molti amano credere nelle superstizioni e nelle energie positive o negative. La fortuna e’ un concetto intimamente legato alla speranza e alla fede religiosa. Del tutto privo di senso logico e dannoso per il progresso scientifico poichè parte da un assunto di fondo: l’uomo deve basarsi su un elemento esterno a se stesso. Al di fuori della sua portata. Intangibile e incontrollabile. Alle volte viene chiamato caso. Altre volte “fortuna” o il suo opposto “sfortuna”. Altre volte ancora e’ Dio. Uno a scelta selezionato a seconda della religione di appartenenza.
L’unico modo per poter in qualche modo tentare di piegare a nostro favore questo elemento, chiaramente al di fuori del nostro controllo, cambia a seconda dei casi: alle volte e’ la preghiera e la fede, altre volte la scaramanzia, altre volte ancora il pensiero positivo stile new age (il sempreverde e a tratti comico “voglio quindi posso”).
In realtà le cose sono molto più semplici. L’intera struttura dell’universo poggia su una infinita sequenza di numeri e di dettagli, di geometrie e di regole. Anche quello che in alcuni casi può apparire come caos, e’ in realtà una chiara conseguenza di azioni e reazioni tecnicamente prevedibili.
Attraverso lo studio dei numeri, degli astri e degli assi stellari, delle sequenze, delle frequenze.
In una parola: osservazione.
L’atto dell’osservare e’ quanto di più “divino” ci possa essere in natura e non appartiene ad un dio lontano su qualche nuovoletta e non e’ legato a qualche elemento casuale o fortuito.
E’ un atto profondamente umano e straordinariamente potente che consente di prevedere le cose non grazie a doti chiromantiche, oroscopi o improbabili preghiere, ma grazie alla attenzione e al calcolo matematico.
Prevedere non come preveggenza ma come visione che precede l’osservazione della realtà fisica grazie alla analisi dei dati disponibili. Da qui direi “Pre-visione”. Magari favorita da tecniche di pulizia mentale e dalla meditazione.
Pensiamo in particolare, alla funzione d’onda il cui scopo è quello di stabilire la probabilità che una particella si trovi in un posto anziché in un altro. Siamo finiti nella meccanica quantistica dove il calcolo probabilistico ci porta ad una particella presente simultaneamente in tanti luoghi ma quella stessa particella sarà solo in un luogo grazie all’osservazione.
Quando ha luogo l’osservazione, la funzione d’onda “collassa” e in questo esatto momento troviamo la particella in un posto preciso.
Schrödinger, per spiegare questo non semplice concetto matematico, inventò un paradosso: quello del gatto chiuso in una scatola che potrebbe essere morto e vivo allo stesso tempo.
L’analisi matematica dei dati, la capacita’ di osservare e di collegare gli elementi e i puntini neri dall’1 al 21 ci consente di vedere.
Nessuna magia, nessuna fortuna.
Eppure queste tecniche e queste strategie, che potenzialmente possono trasferire potere per chi e’ in grado di saperle gestire con sapienza, ben presto diventano arti magiche, stregoneria e vengono messe al bando, criminalizzate e vietate.
Vengono rappresentate alcune volte (a seconda del periodo storico), come strumenti del demonio, altre volte come azzardi pericolosi e altre volte ancora come pratiche sleali.
Se chi detiene il potere rispetto al popolo, sfruttando la sua ignoranza e le sue paure, si fosse limitato a tali rappresentazioni, saremmo stati di fronte solo a simpatiche allegorie.
Peccato che gli esperti in tali osservazioni e “pre-visioni” venissero perseguitati. Loro e le loro condotte. Un tempo c’erano le streghe da bruciare, i reietti da allontanare, i paria da escludere. Poi si e’ passati alle leggi dei governi “democratici”. E alle pratiche illecite e ai giochi d’azzardo come la morra che si basano, secondo gli interpreti, sulla fortuna. Quando invece e’ un gioco dove la fortuna non esiste. Esiste solo la capacita’ di osservazione e la forza di persuasione.
Ed allora cosa poteva rimanere a coloro che volevano proseguire nella osservazione e nella libera condivisione delle informazioni?
Non rimaneva altro che selezionare le persone adeguate, iniziarle e comunicare attraverso parole incomprensibili ai piu’ e attraverso l’uso sapiente dei numeri e di simboli.
La crittografia non e’ altro che il più potente e antico strumento adottato per consentire alle persone capaci di osservare, di poter comunicare tra loro senza essere viste, senza essere censurate, senza essere monitorate e giudicate, senza essere condannate.
E che c’entra la morra e Bitcoin in tutto ciò?
Bitcoin e la Morra hanno numerosi aspetti in comune. Entrambi si basano sulla lettura dei numeri. Sul calcolo. Sulla osservazione e sulla pre-visione.
Entrambi coinvolgono più persone in sfida tra loro e entrambe le loro strategie prevedono alleanze per calcolare più rapidamente.
Entrambi prevedono un premio stabilito prima di iniziare a giocare ed entrambi hanno delle regole da rispettare.
Entrambi sono banditi o tacciati di essere forme di gioco d’azzardo, o criminalizzati e non possono essere promossi al pubblico.
Entrambi sono rappresentati come luoghi di perdizione o di giochi per perditempo o di chi vuole commettere azioni criminali, scommesse clandestine, circolazione impropria di denaro o beni.
Le analogie con Bitcoin sono davvero tante.
Cosi’ come sono tante le ricorrenze numeriche evocative di Bitcoin cosi’ come il suo stesso limite massimo: 21, il numero rappresentativo della fiducia, della lealtà, del coraggio. Il coraggio di prendere delle scelte difficili. 21 è anche il numero simbolico con cui si pesa in grammi l’anima (quasi a dare consistenza fisica e riportare nella nostra realtà un elemento intangibile ed etereo). 21, secondo alcuni, è il numero rappresentativo del mondo. 21 appresenta il compimento di qualcosa, il raggiungimento di un successo o la conclusione di un ciclo. Giunti a questo punto, si arriva alla fine e si può ricominciare da capo.
Sezionare ogni singola parola del paper di Satoshi.
Rileggerla con gli occhi della storia e della scienza.
Abbandonare logiche fideistiche e fini speculativi.
Adottare la crittografia.
Osservare.