Il Patent Box, come noto, prevede una serie di agevolazioni fiscali per le aziende che investono in ricerca e sviluppo, software, marchi, brevetti, opere di design, ecc.
I costi rilevanti sono non solo quelli sostenuti direttamente dall’impresa ma anche quelli che l’impresa sostiene indirettamente, affidando i suoi investimenti in Startup Innovative.
E infatti l’art. 9 del Decreto del 30 luglio 2015, pubblicato il 20 ottobre scorso, prevede chiaramente, al secondo comma, che “i costi da indicare al numeratore del rapporto di cui al comma 1, sono afferenti alle attività indicate all’articolo 8 svolte (i) direttamente da soggetti beneficiari; (ii) da università o enti di ricerca e organismi equiparati; (iii) da società, anche startup innovative, diverse da quelle che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa”.
Il regime fiscale introdotto dal cosiddetto Patent Box (“Regime”):
a) incentiva la collocazione in Italia dei beni immateriali attualmente detenuti all’estero da imprese italiane o estere;
b) incentiva il mantenimento dei beni immateriali in Italia evitandone la ricollocazione all’estero, e
c) favorisce l’investimento in attività di ricerca e sviluppo sia direttamente che per il tramite di Startup Innovative o Università o Enti di Ricerca equiparati.
La previsione di tale regime di tassazione agevolata dei redditi derivanti dalla concessione in uos dall’utilizzo diretto di beni immateriali, si pone in linea di continuità con i modelli progressivamente introdotti in altri Stati membri della Comunità Europea (Belgio, Francia, Gran Bretagna, Lussemburgo, Paesi Bassi e Spagna) ed è conforme ai principi elaborati in ambito OCSE con riferimento alla disciplina fiscale prevista per la tassazione dei proventi derivanti dall’utilizzo dei beni immateriali.