Il fatto è interessante: l’International Trade Commission statunitense (ITC) aveva tentato di estendere i suoi controlli delle dogane ai confini digitali.
La US Court of Appeals for the Federal Circuit ha accolto i ricorsi mossi nei confronti della decisione dell’ITC.
L’ITC aveva imposto il blocco delle importazioni all’interno dei confini degli Stati Uniti di alcuni modelli digitali ad uso dentistico sviluppati in Pakistan e da lì inviati negli Stati Uniti per essere realizzati con stampanti 3D.
Alcuni brevetti di InviSalign sarebbero stati violati da ClearCorrect attraverso la modellazione digitale portata avanti in Pakistan. In pratica, l’infrazione brevettuale avviene fuori dagli Stati Uniti e comporta solo successivamente, e per via telematica, l’ingresso nel paese di mezzi per creare prodotti attraverso tale processo illecito grazie alla stampa 3D.
Secondo l’ITC il processo di importazione dati avrebbe determinato l’aggiramento delle leggi che regolano la proprietà intellettuale ed ha quindi trattato i dati come se si trattasse di prodotti fisici.
Non potendo ordinare un blocco dei prodotti incriminati presso le frontiere digitali (il suo potere sarebbe limitato al controllo delle “importazione di articoli”), l’ITC ha deciso di considerare “spediti” negli Stati Uniti tali file, facendoli rientrare nella definizione di merce importata.
Nel suo tentativo di estendere il suo potere di intervento ITC aveva così finito per stabilire l’esistenza di un confine digitale che opera nella stessa maniera di quello fisico: questo aveva spinto Google, le altre aziende ICT e diversi osservatori ed associazioni di categoria tra cui Public Knowledge (PK) ed Electronic Frontier Foundation (EFF) a schierarsi con ClearCorrect nella causa poi aperta presso la conpetente Corte Federale.
Le motivazioni dei ricorrenti sono state accolte dalla Corte federale statunitense con decisione n. 2014/1527, secondo cui “la decisione della Commissione di estendere ai dati digitali la propria giurisdizione va contro inequivocabilmente i poteri conferitoli dal Congresso”.
La pronuncia della Corte americana rappresenta, a nostro avviso, una grande vittoria dell’Open Internet poiche’ con questo importante precedente giudiziario, si rimuovono ostacoli alla libera circolazione dei dati.