Staccarsi dal proprio smartphone, tablet, “Smart Watch” o altro device mobile per molti è quasi impossibile.
Tantissimi studenti in Italia si portano questi device per rimanere sempre aggiornati su cosa succede sui social o per chattare, o per il più nobile tentativo di fare ricerche “on demand” o di fare bella figura ad una interrogazione, con il risultato di scatenare spesso l’ira funesta del professore di turno.
Il Garante della privacy mette le cose in chiaro: l’uso dei cellulari a scuola è di solito consentito per fini strettamente personali, come ad esempio per registrare le lezioni. Spetta però alla singola scuola stabilire le regole sull’utilizzo dei cellulari e dei tablet o se, addirittura, vietare completamente di usarli.
In ogni caso, smartphone e tablet, se si possono usare, devono essere utilizzati rispettando le persone e la loro privacy. In pratica non si possono diffondere immagini, foto o video di altre persone senza avere avuto il loro consenso. Se infatti si diffondono contenuti senza il consenso delle persone interessate si rischia di ricevere una sanzione disciplinare, una multa o persino di commettere un reato.
Le stesse regole valgono anche per i tablet, nel caso vengano usati anche per fare registrazioni e non soltanto per consultare libri in classe o per altri scopi didattici.
Insomma, se la scuola lo consente i cellulari si possono usare in classe, ma di certo non per chattare o pubblicare foto e video su Facebook.
Il singolo istituto ha quindi l’importante compito di regolamentare l’uso di questi dispositivi alla luce della rilevante normativa applicabile in materia salvaguardando i principi educativi ma si spera in un’ottica di valorizzazione dell’evoluzione tecnologica in chiave scientifica, di studio e di condivisione di valori positivi.
I nuovi super Presidi concepiti da Renzi nella sua Buona Scuola avranno queste competenze? Saranno in grado di riconoscere i meriti dei dispositivi mobili senza censurarli inutilmente attraverso divieti tombali? Riusciranno ad evitare tensioni e conflitti che conducano solo ed esclusivamente a sanzioni disciplinari? Saranno in grado di colmare il gap generazionale con i nativi digitali?
Educare d’altra parte, deriva dal latino “ducare”, che sta per “trarre, condurre” e dalla particella “e”, che sta per “fuori”. Quindi potremmo dedurre facilmente che la parola “educare” ha la sua origine in “trarre fuori”. Trovare quindi nell’alunno le sue capacità e competenze, esaltandole e facendogliele scoprire, senza invece pensare di invadere la sua mente con concetti e ordini tipici di una versione “impositiva” della scuola secondo modelli superati da tempo.
L'”E-Ducazione”, quindi, dovrebbe implicare necessariamente una consapevolezza – prima che una conoscenza – da parte di questi super presidi – della rete, dei suoi termini e dell’importanza di condividere tra insegnanti e studenti le grandi potenzialità innovative offerte dalla rete e i suoi rischi, senza però criminalizzare il fenomeno come spesso purtroppo accade in molti luoghi formativi.
La rete è infatti, in potenza, il luogo (o non luogo) ideale dove poter consentire all’alunno di scoprire, grazie ad una attenta guida, un insegnante esperto di ICT e un Preside che coordina consapevolmente le attività on-line e off-line nel rispetto delle norme sulla privacy e di quelle civili e penali in materia, nonché dei fondamentali regolamenti di istituto, le sue capacità e aspirazioni per una loro piena realizzazione nel rispetto dell’art. 2 della costituzione che statuisce “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità…“.
E non è forse internet, se correttamente utilizzato, il miglior mezzo dove poter formarsi e condividere nel rispetto dei principi della nostra bellissima costituzione?
Il cambiamento è comunque in atto e per certi versi la “Buona Scuola” di Renzi, pur criticabile in diversi punti, contiene in se le premesse per consentire un consapevole uso di smartphone e tablet nelle scuole.
Una importante iniziativa, direi tra le prime a livello nazionale, la sta portando avanti il Governatore della Regione Sardegna, Pigliaru, con il progetto IScol@ che però sembrerebbe limitato, ad una prima analisi alle sole opere di ammodernamento degli edifici scolastici che sicuramente meritano particolare attenzione, ma sarebbe opportuno riqualificare non solo gli edifici ma anche chi ci lavora dentro.
Ad ogni modo si ricordano qui brevemente alcune indicazioni che ci fornisce sin dal settembre 2012 il Garante Privacy italiano in materia di uso di smartphone e tablet all’interno di edifici scolastici chiedendoci però se non sia il caso di aggiornare queste indicazioni alla luce dell’evoluzione in materia e sopratutto dell’innovazione tecnologica (come trattare uno Smart Watch ad esempio?). Infatti dopo le regole pubblicate dal Garante nel 2012 vediamo solo una collezione di interviste di Antonello Soro in materia, sicuramente interessanti ma francamente non sembra risolvano il problema.
Buona lettura. E cerchiamo di attendere con pazienza qualche cambiamento.
Temi in classe
Non lede la privacy l’insegnante che assegna ai propri alunni lo svolgimento di temi in classe riguardanti il loro mondo personale. Sta invece nella sensibilità dell’insegnante, nel momento in cui gli elaborati vengono letti in classe, trovare l’equilibrio tra esigenze didattiche e tutela della riservatezza, specialmente se si tratta di argomenti delicati.
Cellulari e tablet
L’uso di cellulari e smartphone è in genere consentito per fini strettamente personali, ad esempio per registrare le lezioni, e sempre nel rispetto delle persone. Spetta comunque agli istituti scolastici decidere nella loro autonomia come regolamentare o se vietare del tutto l’uso dei cellulari. Non si possono diffondere immagini, video o foto sul web se non con il consenso delle persone riprese. E’ bene ricordare che la diffusione di filmati e foto che ledono la riservatezza e la dignità delle persone può far incorrere lo studente in sanzioni disciplinari e pecuniarie o perfino in veri e propri reati.
Stesse cautele vanno previste per l’uso dei tablet, se usati a fini di registrazione e non soltanto per fini didattici o per consultare in classe libri elettronici e testi on line.
Recite e gite scolastiche
Non violano la privacy le riprese video e le fotografie raccolte dai genitori durante le recite, le gite e i saggi scolastici. Le immagini in questi casi sono raccolte a fini personali e destinati ad un ambito familiare o amicale. Nel caso si intendesse pubblicarle e diffonderle in rete, anche sui social network, è necessario ottenere di regola il consenso delle persone presenti nei video o nelle foto.
Questionari per attività di ricerca
L’attività di ricerca con la raccolta di informazioni personali tramite questionari da sottoporre agli studenti è consentita solo se ragazzi e genitori sono stati prima informati sugli scopi delle ricerca, le modalità del trattamento e le misure di sicurezza adottate. Gli studenti e i genitori devono essere lasciati liberi di non aderire all’iniziativa.
Iscrizione e registri on line, pagella elettronica
In attesa di poter esprimere il previsto parere sui provvedimenti attuativi del Ministero dell’istruzione riguardo all’iscrizione on line degli studenti, all’adozione dei registri on line e alla consultazione della pagella via web, il Garante auspica l’adozione di adeguate misure di sicurezza a protezione dei dati.
Trattamento dei dati personali
Le scuole devono rendere noto alle famiglie e ai ragazzi, attraverso un’adeguata informativa, quali dati raccolgono e come li utilizzano. Spesso le scuole utilizzano nella loro attività quotidiana dati delicati – come quelli riguardanti le origini etniche, le convinzioni religiose, lo stato di salute – anche per fornire semplici servizi, come ad esempio la mensa. E’ bene ricordare che nel trattare queste categorie di informazioni gli istituti scolastici devono porre estrema cautela, in conformità al regolamento sui dati sensibili adottato dal Ministero dell’istruzione. Famiglie e studenti hanno diritto di conoscere quali informazioni sono trattate dall’istituto scolastico, farle rettificare se inesatte, incomplete o non aggiornate.