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Smart Contract? Un problema filosofico

[:it]Come dice l’amico Mauro Pili esistono tre leggi fondamentali: quelle della fisica, quelle dell’informatica e quelle dell’uomo.

Le ultime sono chiaramente le piu’ deboli perche’ richiedono problematiche applicative rilevanti e probabilmente ormai gia’ obsolete nel momento in cui sono votate.

Le prime sono decisamente le piu’ forti per loro natura.

Quelle dell’informatica stanno nel mezzo. Scritte dall’uomo (per ora) non richiedono il suo intervento per essere eseguite.

Come e’ possibile quindi che qualche parlamentare in giro per il mondo abbia tentato di regolamentare uno smart contract guardando solo a qualche norma esistente (in Italia si guarda solo al CAD o si scimmiottano gli Stati Uniti), senza affrontare la questione nella sua globalita’?

Il problema della regolamentazione di uno smart contract a livello normativo e’ tanto inutile quanto affascinante.

Richiede una approfondita conoscenza di una materia giuridica spesso dimenticata nelle aule dei tribunali o nei processi legislativi: la filosofia del diritto.

E se per Kelsen il diritto e’ l’organizzazione della forza, forse il compito dell’uomo e’ trasformare le leggi deboli in leggi forti non occupandosi di dare legittimita’ giuridica ad uno smart contract (gli smart contract si difendono benissimo da soli) ma di trasfondere nel sistema di connessioni tra smart contract che si collegheranno fra loro (un po’ come si collegano oggi tanti servizi internet diversi tramite API), pochi principi semplici e fondamentali quasi come norme costituzionali immodificabili e insuperabili perche’ alla base della nostra umanita’.

Un po’ come le leggi della robotica.

Questo credo sia un aspetto interessante che potrebbero affrontare congiuntamente gli stati di tutto il mondo lasciando perdere qualche improvvisato emendamento di questo o quel parlamentare di qualche paese a caso che, per ragioni di visibilita’, riempie il suo mandato con la parola: BLOCKCHAIN per spiazzare tutti (quasi come FRAU BLUCHER!)[:]