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Jobs Act for dummies

Sono numerose le novità in campo giuslavoristico introdotte a marzo 2015 dai primi due decreti attuativi del Jobs Act (Dlgs 22/2015 e 23/2015).

Sicuramente quelle più rilevanti sono relative al tramonto dei principi di cui all’art. 18 dello Statuto dei lavoratori.

Dal 6 marzo 2015, per i nuovi assunti a tempo indeterminato si applicano le regole del Jobs Act con una nuova disciplina del licenziamento.

Il nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti per i datori di lavoro è reso ulteriormente vantaggioso grazie alla possibilità di fruire del bonus contributivo introdotto dalla legge di Stabilità 2015 per le assunzioni effettuate fino al 31 dicembre 2015: fino a 8.060 euro all’anno per tre anni. Il taglio del costo del lavoro può superare anche il 50% in caso di cumulo del bonus con alti incentivi per l’assunzione.

In caso di recesso illegittimo da parte del datore di lavoro il contratto a tutele crescenti riduce radicalmente i caso in cui viene prevista la reintegrazione nel posto di lavoro, che resta valida per i licenziamenti nulli, discriminatori oppure intimati con contestazione disciplinare basato su un fatto materiale risultato inesistente in giudizio (ma in tale ultimo caso l’onere della prova dell’insussistenza del fatto ricade sul dipendente). Per gli altri casi è previsto un indennizzo prefissato in base all’anzianità aziendale (massimo 24 mensilità).

Le norme del Jobs Act non si applicano a chi è già assunto a tempo indeterminato al 6 marzo 2015. In ogni caso però le nuove regole sui licenziamenti si applicheranno nel caso in cui un contratto a termine o di apprendistato venga trasformato in un contratto a tempo indeterminato a partire dal 6 marzo 2015. Stessa sorte per chi viene assunto in una nuova azienda dopo avere lasciato quella in cui lavorava in precedenza.

Il discrimine tra due categorie di lavoratori (quelli assunti prima e quelli dopo il 6 marzo 2015) attribuisce tipologie di diritti tra le due categorie radicalmente diverse. Il cosiddetto “doppio binario” pertanto presenta forti dubbi di costituzionalità, quantomeno in relazione all’art. 3 della costituzione il quale stabilisce che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.