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Gli e-commerce tassati negli USA: una rivoluzionaria sentenza della Corte Suprema

[:it]E’ di ieri 21 giuno la notizia di una rivoluzionaria pronuncia della Corte Suprema, nel caso South Dakota v. Wayfair Inc.,  con la quale, in estrema sintesi, e’ stato sancito che le vendite di prodotti acquistati online, possono essere soggette a tassazione da parte dello stato in cui tali prodotti sono venduti.

 

E’ stata cosi’ ribaltata la sostanziale posizione di privilegio fiscale nella quale gli e-commerce si trovavano dal 1992, anno nel quale la stessa Corte Suprema, nel caso Quill Corporation contro il North Dakota  aveva dichiarato la non applicabilita’ di tasse locali agli e-commerce anche in considerazione dell’impatto che tale applicazione avrebbe avuto sui business on line e sulla stessa innovazione.

Ma che impatto puo’ avere oggi questa sentenza sugli ecommerce?
Difficile dirlo ora perche’ in teoria alcuni Stati potrebbero avvantaggiarsi della sentenza e chiedere l’applicazione delle loro tasse locali sui ricavi ecommerce generati dalle vendite in tali Stati ma bisognera’ vedere quanti stati decideranno in tal senso.
Certo e’ che il business fa gola. Solo Amazon nel 2017 ha venduto negli USA beni per un totale di circa 119 miliardi di dollari.
Uno dei Giudici dell’odierna sentenza (Anthony Kennedy) ha precisato che solo nell’ultimo anno gli Stati americani sulla base della sentenza del 1992, hanno dovuto rinunciare a circa 32 miliardi di dollari.
Il Giudice Kennedy ha anche evidenziato come il mondo dell’e-commerce sia radicalmente cambiato rispetto al 1992 anno nel quale il valore degli ordini di beni on line (che all’epoca avvenivano sostanzialmente via email e non tramite piattaforme dedicate) ammontava in tutto il mondo a circa 180 milioni di dollari, mentre oggi si parla di piu’ di mezzo trilione di dollari.
Cifre pazzesche che in effetti ci inducono a riflettere se si stia parlando ancora di innovazione o altro.
Di certo Trump (che non ha mai fatto mistero della sua guerra ad Amazon) ha gia’ manifestato il suo entusiasmo per questa sentenza con un tweet di ieri.
D’altra parte la sentenza, che si riferisce alla causa intentata dallo Stato del North Dakota con alcuni ecommerce, non e’ frutto di una pronuncia all’unanimita’.
Inoltre l’impatto effettivo sugli e-commerce potrebbe essere minore rispetto alle aspettative considerando che alcuni Stati potrebbero non applicare leggi fiscali ad hoc.
Va anche detto che la stessa innovazione tecnologica che sta alla base di questi e-commerce oggi consente sistemi di automatismo e split payment tali da poter gestire con rapidita’ l’aliquota fiscale a seconda del paese in cui il bene viene venduto.
Questo inevitabilmente andra’ a danno dei consumatori che pagheranno di piu’ i prodotti acquistati on line ma d’altra parte la sentenza potrebbe essere sensata in considerazione del radicale cambiamento di scenario rispetto al 1992.
Ci si chiede, ora, se questa sentenza possa in qualche modo avere dei riflessi giurisprudenziali anche nella nostra Europa.
E se possa essere applicata anche ai servizi on line il che potrebbe aprire scenari fiscali inquietanti per chi svolge attivita’ di exchange per criptovalute.

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