È legittima la sanzione di 912.536,40 euro comminata dall’Antitrust al Consiglio nazionale forense.
Il Consiglio di stato, con la sentenza (n. 01164/2016) del 28 gennaio 2016 depositata il 22 marzo scorso, ha infatti da un lato accolto il ricorso dell’Agcm contro la decisione del Tar Lazio (sentenza 1° luglio 2015 n. 8778) di rideterminare al ribasso la sanzione (per il venir meno dell’illiceità della circolare del 2006 del Cnf che ripristinava le tariffe minime), dall’altro ha rigettato l’appello del Cnf contro la stessa sentenza del Tar (si veda ItaliaOggi del 27 luglio e 19 novembre 2015).
La sentenza di Palazzo Spada si riferisce al provvedimento 22 ottobre 2014 con il quale l’Agcm ha inflitto al Cnf la sanzione di oltre 900 mila euro per violazione dell’art. 101 Tfue, consistente in un’intesa restrittiva della concorrenza dovuta all’adozione di due decisioni volte a limitare l’autonomia dei professionisti: si tratta del parere con il quale il Cnf avrebbe limitato l’impiego di un canale di diffusione delle informazioni (Amica Card); e di una circolare con la quale, sempre secondo l’Antitrust, sarebbe stata reintrodotta la vincolatività dei minimi tariffari.
Palazzo Spada anzitutto considera non fondati i primi tre motivi: il Cnf non è una «amministrazione pubblica» che ha adottato un «atto amministrativo» lesivo della concorrenza, bensì una «associazione di imprese» che ha adottato una «decisione» lesiva della concorrenza.
Quanto invece alla erroneità, secondo il Cnf, della sentenza del Tar nella parte in cui non ha ritenuto che il sistema di pubblicità e offerta delle prestazioni degli avvocati affiliato al circuito «Amica Card» non sia legittimo, secondo il Consiglio di stato si tratta invece di «una nuova modalità di pubblicità dell’attività professionale che, per quanto si discosti, in alcune sue componenti, dai modelli tradizionali, presenta i caratteri di una attività lecita espressione dei principi di libera concorrenza».
Infine, riguardo all’appello dell’Agcm, Palazzo Spada lo considera fondato nella misura in cui il Cnf, nonostante la palese contrarietà della circolare n. 22/2006 (che permette la conclusione di accordi con riferimento alle tariffe nonostante la loro abrogazione da parte del decreto Bersani) alle nuove regole di tutela della concorrenza, «ha continuato ad inserirla sul proprio sito e poi nella banca dati». Sono quindi integri, secondo il Cds, «gli estremi di una intesa per oggetto».