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Apple vs Commissione Europea: in gioco 13 miliardi di euro.

Quello che sta accadendo in questo ultimo periodo ad Apple ha quasi dell’incredibile.

Prima l’FBI americana che, nell’ambito delle indagini per un grave reato, pubblicamente ci ha informato che stante l’assenza di collaborazione dell’azienda di Cupertino, avrebbe proceduto nel forzare i codici di accesso di in iPhone per leggerne i contenuti.

Scandalo dei paladini della privacy che, uniti come un popolo di vegani, si scaglia contro l’FBI e i suoi metodi “anti-democratici”.

Ora invece la parte del cattivo la gioca la Commissione Europea che ha lo scomodo compito di recuperare circa 13 miliardi (si miliardi) di euro da Apple che questa avrebbe illegittimamente non pagato ai vari paesi europei come tasse dovute in conseguenza dei profitti in tali paesi generati.

E cio’ grazie ad un accordo fiscale con l’Irlanda che avrebbe consentito ad Apple di beneficiare di illegittimi aiuti di stato in termini di tasse ridotte.

Un film gia’ visto (anche se in modalita’ diverse) per il caso Fiat e Starbucks. Ma li nessuno ha gridato allo scandalo forse per la minore simpatia suscitata da queste aziende?


Il concetto e’ semplice: l’Europa e’ un libero mercato e gli Stati e le regioni non possono favorire una singola azienda perche’ se e’ vero che singoli aiuti di stato favoriscono lo sviluppo e la crescita di una economia locale (come a Cork in Irlanda per Apple o a Cagliari e Alghero per Ryan Air) e’ anche vero che se si aiutano alcune aziende e altre no in modo indiscriminato (e cio’  spesso sulla base della logica della azienda gia’ dominante sul mercato) si rischia di alterare il sacrosanto principio della concorrenza leale su un medesimo mercato.

Ed ora, dopo i sedicenti esperti di privacy scandalizzati dalle decisioni del FBI, ecco arrivare orde di socialini esperti fiscali che attaccano la posizione dell’Unione Europea inneggiando contro l’apparato sanguisuga che danneggia la simpatica e innocente azienda americana (dimenticando che quest’ultima si prende il 30% di commissione sulle vendite di servizi digitali effettuati tramite applicazioni presenti sull’Apple Store).

Apple, romanticamente, rivendica la sua presenza in Irlanda dal 1980 e fa circolare un post sul suo blog a firma del CEO Tim Cook, con la foto di un giovane Steve Jobs.

Povera Apple. Per 13 miliardi sara’ costretta a ridurre i suoi investimenti proprio in Europa (chissa’ perche’ proprio in Europa visto che e’ una azienda operante dappertutto) ma sopratutto in futuro non potra’ piu’ beneficiare delle agevolazioni fiscali concesse dall’Irlanda la quale avra’ l’ingrato compito di recuperare questa somma in favore degli altri paesi europei e scagliandosi cosi’ contro il suo miglior contribuente e datore di lavoro.

Ed infatti l’Irlanda si e’ detta contraria ai risultati delle indagini della Commissione e si schiera al fianco di Apple.

Ora, prima di entrare nel dettaglio delle indagini, ci sono due ordini di problemi:

  1. Certezza del diritto. A mio avviso e’ essenziale garantire a ogni impresa la massima chiarezza sopratutto in ambito fiscale. Se un paese concede aiuti in maniera illegittima ad una azienda dovrebbe essere quel paese il responsabile e non l’azienda che ha firmato un accordo valido e vincolante (ruling) su cui si e’ basata per fare i suoi investimenti.
  2. Rapidita’ delle indagini. Ci sono voluti due anni di indagine per chiare se si trattava di aiuto di stato o meno. E gli esiti dell’indagine si applicheranno ai 10 anno precedenti l’avvio dell’indagine stessa (quindi si va al 2003). Un tempo enorme per un operatore privato. Infinito se si considera il settore innovativo in evoluzione. Questo non e’ accettabile.

Cio’ detto, passiamo all’analisi tecnica di quello che e’ successo sulla base del vomunucato della Commissione Europe.

Gli Stati membri non possono concedere vantaggi fiscali a determinate società e non a altre: tale trattamento è illegale ai sensi delle norme UE sugli aiuti di Stato.

L’indagine della Commissione ha portato a concludere che l’Irlanda ha concesso ad Apple vantaggi fiscali illegali che hanno consentito alla società di versare per lunghi anni molte meno imposte di altre imprese.

Il trattamento selettivo di cui ha goduto ha infatti permesso ad Apple di pagare sugli utili europei un’aliquota effettiva dell’imposta sulle società pari all’1 per cento nel 2003, scesa poi fino allo 0,005 per cento del 2014.

Un’indagine approfondita sull’aiuto di Stato avviata nel giugno 2014 ha portato la Commissione europea a concludere che due ruling fiscali emanati dall’Irlanda nei confronti di Apple hanno considerevolmente e artificialmente abbassato le imposte che la società ha versato in tale Stato membro a partire dal 1991.

I ruling approvavano modalità di determinazione degli utili imponibili di due società di diritto irlandese appartenenti al gruppo Apple (Apple Sales International e Apple Operations Europe) non corrispondenti alla realtà economica: la quasi totalità degli utili sulle vendite registrati dalle due società veniva imputata internamente a una “sede centrale”.

Dall’analisi della Commissione è emerso che queste “sedi centrali” esistevano solo sulla carta e non potevano aver generato tali utili. In virtù di specifiche disposizioni del diritto tributario irlandese oggi non più in vigore, gli utili attribuiti alle “sedi centrali” non erano soggetti a tassazione in nessun paese. Grazie al metodo di assegnazione avallato con i ruling fiscali, Apple ha pagato sugli utili di Apple Sales International soltanto un’aliquota effettiva dell’imposta sulle società che dall’1% del 2003 è via via scesa fino allo 0,005% del 2014.

Questo trattamento fiscale selettivo riservato ad Apple in Irlanda è illegale ai sensi delle norme UE sugli aiuti di Stato perché conferisce alla società un vantaggio considerevole rispetto ad altre imprese soggette alla stessa normativa tributaria nazionale.

La Commissione ha facoltà di ordinare il recupero degli aiuti di Stato illegali per il decennio precedente la sua prima richiesta di informazioni, che risale al 2013.

L’Irlanda deve ora recuperare le imposte che Apple non le ha versato per il periodo dal 2003 al 2014, per un totale di 13 miliardi EUR più interessi.

Di fatto, secondo la Commissione Europea,  il trattamento fiscale di cui ha goduto in Irlanda ha consentito ad Apple di eludere le imposte sulla quasi totalità degli utili generati dalle vendite dei suoi prodotti in tutto il mercato unico dell’UE, avendo Apple deciso di registrare tutte le vendite in Irlanda piuttosto che nei paesi nei quali venivano venduti i prodotti.

Questa struttura, tuttavia, esula dalla sfera di competenza dell’UE in materia di controllo degli aiuti di Stato. Qualora altri paesi dovessero imporre ad Apple di versare maggiori imposte sugli utili delle due società nello stesso periodo in forza della propria normativa tributaria nazionale, si ridurrebbe l’importo che deve recuperare l’Irlanda.

La struttura fiscale di Apple in Europa
Apple Sales International e Apple Operations Europe sono due società di diritto irlandese detenute al 100% dal gruppo Apple sotto il controllo apicale della società madre statunitense, la Apple Inc. Le due società succitate detengono i diritti d’uso della proprietà intellettuale di Apple per la vendita e la fabbricazione di prodotti Apple al di fuori del Nord e Sudamerica, in forza di un “accordo di ripartizione dei costi” con Apple Inc. Tale accordo prevede che Apple Sales International e Apple Operations Europe effettuino versamenti annuali a favore di Apple negli USA per finanziare le attività di ricerca e sviluppo svolte negli Stati Uniti per conto delle società irlandesi.

I versamenti, dell’ordine di circa 2 miliardi di USD nel 2011, sono considerevolmente aumentati nel 2014. Tali spese, sostenute principalmente da Apple Sales International, hanno contribuito a finanziare oltre la metà del totale delle attività di ricerca svolte dal gruppo Apple negli Stati Uniti per sviluppare la sua proprietà intellettuale a livello mondiale.

Ogni anno, queste spese vengono dedotte dagli utili registrati da Apple Sales International e Apple Operations Europe in Irlanda, conformemente alle norme vigenti.
Gli utili imponibili di Apple Sales International e Apple Operations Europe in Irlanda sono determinati da un ruling fiscale concesso dall’Irlanda nel 1991 e sostituito nel 2007 da un secondo ruling analogo.

Questo ruling fiscale è decaduto nel 2015, quando Apple Sales International e Apple Operations Europe hanno modificato le rispettive strutture.

Apple Sales International

Apple Sales International è responsabile dell’acquisto di prodotti Apple dai costruttori di tutto il mondo e della vendita di tali prodotti in Europa (nonché in Medioriente, Africa e India).

Apple ha organizzato le vendite in Europa in modo tale che contrattualmente i clienti acquistassero i prodotti da Apple Sales International in Irlanda invece che dai negozi che li vendevano materialmente.

Così facendo Apple registrava tutte le vendite, e i conseguenti utili, direttamente in Irlanda.

I due ruling fiscali emanati dall’Irlanda riguardavano l’assegnazione interna di tali utili a Apple Sales International (invece che alla più ampia struttura di vendita di Apple in Europa).

Nello specifico, approvavano una ripartizione degli utili a fini fiscali in Irlanda: il metodo concordato prevedeva che a livello interno la maggior parte degli utili non venisse assegnata in Irlanda, bensì a una “sede centrale” di Apple Sales International.

Tale “sede centrale” non era ubicata in nessun paese, non aveva né dipendenti né uffici propri e le sue attività consistevano esclusivamente in sporadiche riunioni del consiglio di amministrazione.

Solo una piccola quota degli utili di Apple Sales International veniva assegnata alla sua filiale irlandese e assoggettata a imposta in Irlanda.

La quota rimanente, ossia la stragrande maggioranza degli utili, veniva assegnata alla “sede centrale”, dove non veniva tassata.

Di conseguenza, veniva tassata in Irlanda solo una piccola percentuale degli utili di Apple Sales International, mentre il resto non veniva tassato da nessuna parte.

Ad esempio, nel 2011 (secondo le cifre comunicate durante audizioni pubbliche del Senato USA) Apple Sales International ha registrato utili per 22 miliardi di USD (circa 16 miliardi di EUR) ma a norma del ruling fiscale solo 50 milioni di EUR circa erano considerati imponibili in Irlanda: rimanevano quindi 15,95 miliardi di EUR di utili non tassati.

Di conseguenza, nel 2011 Apple Sales International ha versato in Irlanda un’imposta societaria che non raggiunge i 10 milioni di EUR, corrispondenti a un’aliquota effettiva dello 0,05% dei suoi utili annuali complessivi. Negli anni successivi gli utili registrati da Apple Sales International hanno continuato a crescere, ma non quelli considerati imponibili in Irlanda secondo il ruling fiscale.

Pertanto l’aliquota effettiva è diminuita ulteriormente, fino a scendere ad appena lo 0,005% nel 2014.

Apple Operations Europe

I medesimi due ruling fiscali del 1991 e del 2007 hanno consentito a Apple Operations Europe di beneficiare di un regime fiscale analogo nello stesso periodo.

La società era responsabile della fabbricazione di alcune linee di computer per il gruppo Apple. Anche la maggior parte degli utili di questa società veniva assegnata a livello interno alla sua “sede centrale” e non veniva tassata da nessuna parte.

Analisi della Commissione
Di per sé i ruling fiscali sono strumenti perfettamente legali: si tratta di lettere di patronage emesse dalle autorità fiscali che spiegano a una determinata impresa le modalità per il calcolo delle imposte societarie o l’applicazione di alcune disposizioni fiscali speciali.
Il controllo degli aiuti di Stato nell’ambito dell’UE ha lo scopo di garantire che gli Stati membri non riservino a determinate società, tramite ruling fiscali o altrimenti, un trattamento fiscale migliore rispetto ad altre.

Più specificamente, gli utili devono essere ripartiti tra le società di uno stesso gruppo, e tra le diverse articolazioni di una stessa società, in modo corrispondente alla realtà economica.

Ciò significa che la ripartizione deve essere conforme ad accordi che intervengono a condizioni commerciali tra imprese indipendenti (il “principio di libera concorrenza”).
In particolare, l’indagine della Commissione sull’aiuto di Stato ha riguardato due ruling fiscali consecutivi emanati dall’Irlanda, che approvavano un metodo per assegnare a livello interno gli utili di Apple Sales International e Apple Operations Europe,due società di diritto irlandese.

È stato analizzato se tale metodo approvato di calcolo degli utili imponibili di ciascuna società in Irlanda conferisse ad Apple un vantaggio indebito, che ai sensi delle norme UE sugli aiuti di Stato è illegale.
L’indagine della Commissione ha dimostrato che i ruling fiscali emanati dall’Irlanda approvavano un’assegnazione interna artificiale degli utili di Apple Sales International e Apple Operations Europe, priva di giustificazione fattuale o economica.

In conseguenza dei ruling fiscali, la maggior parte degli utili di vendita di Apple Sales International veniva assegnata alla sua “sede centrale” allorché tale sede non aveva la capacità operativa di gestire l’attività di distribuzione, né peraltro nessun’altra attività sostanziale.

Soltanto la filiale irlandese di Apple Sales International disponeva della capacità necessaria per generare reddito dall’attività commerciale, ossia dalla distribuzione dei prodotti Apple. Gli utili di vendita di Apple Sales International avrebbero quindi dovuto essere registrati presso la filiale irlandese e lì tassati.
La “sede centrale” non aveva né dipendenti né uffici propri.

Le uniche attività che possono essere collegate alle “sedi centrali” sono poche decisioni dei membri del consiglio di amministrazione (molti dei quali lavoravano contemporaneamente a tempo pieno come dirigenti di Apple Inc.) riguardanti la distribuzione dei dividendi, questioni amministrative e la gestione di tesoreria.

Queste attività generavano utili in termini di interessi che, secondo l’analisi della Commissione, costituiscono gli unici utili attribuibili alle “sedi centrali”.
Analogamente, soltanto la filiale irlandese di Apple Operations Europe disponeva della capacità necessaria per generare reddito dall’attività commerciale, ossia dalla produzione di alcune linee di computer per il gruppo Apple. Gli utili di vendita di Apple Operation Europe avrebbero quindi dovuto essere registrati presso la filiale irlandese e lì tassati.
Sulla scorta di tale analisi la Commissione ha tratto la conclusione che i ruling fiscali emanati dall’Irlanda approvavano un’assegnazione artificiale degli utili di vendita di Apple Sales International e Apple Operations Europe alle rispettive “sedi centrali”, dove non erano tassati. Di conseguenza, i ruling fiscali consentivano ad Apple di versare molte meno imposte di altre imprese, il che è illegale ai sensi delle norme UE sugli aiuti di Stato.
La decisione non mette in discussione il regime tributario irlandese in generale né l’aliquota dell’imposta sulle società applicata nel paese.
Inoltre, la struttura fiscale di Apple in Europa e il fatto che gli utili avessero potuto essere registrati nei paesi in cui le vendite avevano effettivamente luogo non sono aspetti disciplinati dalle norme UE sugli aiuti di Stato. Tuttavia, se gli utili fossero stati registrati in altri paesi, questo fatto potrebbe incidere sull’importo che l’Irlanda deve recuperare (v. sotto per ulteriori informazioni).

Recupero

In linea di principio, le norme UE sugli aiuti di Stato impongono di recuperare l’aiuto di Stato incompatibile per eliminare la distorsione di concorrenza che ha creato. Le norme UE sugli aiuti di Stato non prevedono ammende né puniscono la società coinvolta: si limitano a ripristinare la parità di trattamento con le altre imprese.

Nella sua decisione la Commissione ha illustrato la metodologia di calcolo del valore del vantaggio competitivo indebito di cui ha goduto Apple.

In particolare, l’Irlanda deve assegnare a ciascuna filiale tutti gli utili derivanti dalle vendite che in precedenza erano stati assegnati indirettamente alla “sede centrale” rispettiva di Apple Sales International e Apple Operations Europe, e applicare a tali utili riassegnati l’imposta societaria ordinaria prevista dall’Irlanda.

La decisione non chiede la riassegnazione dei redditi da interessi delle due società ricollegabili alle attività della “sede centrale”.

La Commissione può solo ordinare il recupero degli aiuti di Stato illegali per il decennio precedente la sua prima richiesta di informazioni al riguardo, che risale al 2013.

L’Irlanda deve quindi recuperare da Apple le imposte non versate per il periodo a partire dal 2003, per un totale di 13 miliardi di EUR più interessi.

Circa 50 milioni di EUR di imposte non versate si riferiscono all’indebita assegnazione degli utili alla “sede centrale” di Apple Operations Europe.

L’importo residuo deriva dall’indebita assegnazione degli utili alla “sede centrale” di Apple Sales International.

Il periodo interessato dal recupero termina nel 2014, poiché Apple ha modificato la sua struttura in Irlanda a decorrere dal 2015 e il ruling del 2007 non è più applicabile.

L’ammontare delle imposte non versate che le autorità irlandesi devono recuperare verrebbe ridotto se altri paesi dovessero imporre a Apple di versare maggiori imposte sugli utili registrati da Apple Sales International e Apple Operations Europe per il periodo in oggetto.

Ciò potrebbe verificarsi se ritenessero, sulla scorta delle informazioni emerse dall’indagine della Commissione, che i rischi commerciali, le vendite e altre attività di Apple avessero dovuto essere registrati nelle rispettive giurisdizioni.

Questo perché gli utili imponibili di Apple Sales International in Irlanda sarebbero ridotti se gli utili fossero registrati e tassati in altri paesi invece di essere registrati in Irlanda.

L’ammontare delle imposte non versate che le autorità irlandesi devono recuperare verrebbe altresì ridotto se le autorità degli Stati Uniti dovessero imporre ad Apple di versare per il periodo in oggetto importi maggiori alla società madre statunitense per il finanziamento delle attività di ricerca e sviluppo.

Tali attività vengono svolte negli USA da Apple per conto di Apple Sales International e Apple Operations Europe, che effettuano già a tal fine versamenti annuali.

Infine, tutte le decisioni della Commissione possono essere sottoposte al giudizio degli organi giurisdizionali dell’UE. Se uno Stato membro decide di impugnare una decisione della Commissione, deve comunque recuperare l’aiuto di Stato illegale ma potrebbe, ad esempio, depositare l’importo recuperato su un conto di garanzia in attesa dell’esito del procedimento dinanzi agli organi giurisdizionali dell’UE.

Contesto
Nel giugno 2013 la Commissione ha iniziato a esaminare le pratiche di ruling fiscale in alcuni Stati membri. Nel dicembre del 2014 ha esteso a tutti gli Stati membri le richieste di informazioni.

Nell’ottobre 2015 la Commissione ha concluso che il Lussemburgo e i Paesi Bassi avevano concesso vantaggi fiscali selettivi rispettivamente a Fiat e a Starbucks.

Nel gennaio 2016 la Commissione ha concluso che i vantaggi fiscali selettivi concessi dal Belgio ad almeno 35 multinazionali, prevalentemente dell’UE, nell’ambito del regime fiscale sugli utili in eccesso sono illegali ai sensi delle norme UE sugli aiuti di Stato.

La Commissione sta inoltre svolgendo due indagini approfondite per accertare se i ruling fiscali possano sollevare problemi in materia di aiuti di Stato in Lussemburgo per quanto riguarda Amazon e McDonald’s.

La Commissione persegue una strategia ambiziosa verso una tassazione equa e una maggiore trasparenza che recentemente ha registrato progressi importanti. A seguito delle nostre proposte sulla trasparenza fiscale del marzo 2015, già nell’ottobre 2015 gli Stati membri hanno raggiunto un accordo politico sullo scambio automatico di informazioni sui ruling fiscali.

Le norme concordate consentiranno di migliorare sensibilmente il livello di trasparenza e avranno un effetto dissuasivo per quanti intendessero usare i ruling fiscali come strumento di abuso fiscale. Nel giugno 2015 la Commissione ha reso noto il suo piano d’azione per un’imposizione equa ed efficiente: si tratta di una serie di iniziative volte a rendere il contesto fiscale delle società dell’UE più equo e più efficiente.

Tra le azioni di spicco figurano un quadro che garantisca una tassazione efficace nel luogo in cui sono generati gli utili e una strategia per rilanciare la base imponibile consolidata comune per l’imposta sulle società, per la quale sarà presentata una nuova proposta nel corso dell’anno.

Lo scorso 27 gennaio la Commissione ha lanciato un ulteriore pacchetto di iniziative per combattere l’elusione dell’imposta sulle società all’interno dell’UE e in tutto il mondo. Come conseguenza diretta, gli Stati membri hanno già deciso di affrontare le lacune più frequenti nelle legislazioni nazionali che permettono l’elusione fiscale e di estendere lo scambio automatico di informazioni alle relazioni per paese sulle informazioni finanziarie a carattere fiscale relative alle multinazionali.

Esiste anche una proposta volta a rendere pubbliche alcune di queste informazioni. Tutto il lavoro della Commissione si fonda sul semplice principio secondo cui tutte le società, grandi e piccole, devono pagare le imposte dove realizzano i propri utili.