La notizia è del 17 giugno scorso, ma alla luce di quanto sta accadendo in fase di approvazione del Decreto Competitività in materia di esercizio della professione forense in forma imprenditoriale e competenze degli avvocati, merita essere qui segnalata.
Il Consiglio Nazionale Forense è infatti di nuovo nel mirino dell’antitrust: l’Antitrust accusa l’organo rappresentativo degli avvocati per aver reiterato l’infrazione relativa alle restrizioni sull’attività promozionale via web degli studi legali. In particolare, con il provvedimento n. 25847 diffuso nel bollettino n. 21 del 16 giugno 2015, l’Agcom contesta l’inottemperanza ad un precedente ordine di rimozione del parere n. 48/2012 relativo al caso “Amica Card” considerato restrittivo della concorrenza tra i professionisti forensi, in quanto impediva “loro di utilizzare determinate piattaforme digitali per pubblicizzare i propri servizi professionali, anche con riguardo alla componente economica degli stessi”, limitando pertanto l’impiego “di un importante canale messo a disposizione dalle nuove tecnologie per la diffusione dell’informazione circa la natura e la convenienza dei servizi professionali offerti, potenzialmente in grado di raggiungere un ampio numero di consumatori sul territorio nazionale”.
Il 21 maggio scorso – rileva l’Authority -, il Cnf non solo non aveva aderito all’invito di presentare una relazione scritta illustrante le misure assunte per porre termine all’infrazione, ma non aveva neanche adempiuto alla richiesta rimozione del suddetto parere, che risultava ancora pubblicato sul proprio sito istituzionale, perpetuando così la restrizione concorrenziale e la relativa violazione della liberalizzazione della pubblicità professionale, operata prima dalla riforma Bersani e successivamente dalla legge professionale forense. Inoltre, prosegue il provvedimento, il Codice deontologico, entrato in vigore il 15 dicembre scorso, all’art. 35, comma 9, non fa che ribadire l’obbligo per gli avvocati di “utilizzare, a fini informativi, esclusivamente i siti web con domini propri senza reindirizzamento, direttamente riconducibili a sé, allo studio legale associato o alla società di avvocati alla quale partecipi” ed altresì di comunicare al Consiglio dell’ordine di appartenenza la forma e il contenuto del sito stesso, sanzionando le violazioni di tali doveri (rientranti nei principi di “dignità” e “decoro” della professione) con la censura.
Per l’autorità, così facendo il Cnf non solo è “recidivo” nella reiterazione dell’infrazione accertata e stigmatizzata ma inasprisce ulteriormente le limitazioni introdotte con il parere n. 48/2012 alla possibilità di utilizzare un canale di diffusione delle informazioni come il web per promuovere l’attività professionale. Pertanto, il Cnf avrà 30 giorni di tempo dalla notifica del provvedimento per far pervenire all’Agcom scritti difensivi, documenti e chiedere di essere sentiti e, in ogni caso, il procedimento (e la relativa decisione) è da intendersi concluso entro 180 giorni.
Va detto, d’altra parte, che il CNF lo scorso 14 gennaio 2015, ha presentato il ricorso al Tar Lazio chiedendo la sospensiva del provvedimento sanzionatorio dell’Antitrust per presunte pratiche restrittive della concorrenza praticate con una circolare e con un parere reso ad un Ordine.
Un provvedimento, spiega Alpa, Presidente del CNF, “abnorme sia nel merito, essendo il Cnf un giudice speciale non assoggettato al controllo del Garante che ha invece competenza in materia di imprese”, sia per l’entità della sanzione “perché altera l’interpretazione corretta della disciplina della concorrenza e ignora la rilevanza dei codici deontologici”.
Ai giudici l’ardua sentenza.