[:it]Di recente è scoppiato un vespaio di polemiche, e sono uscite fuori una serie di imprecisioni giornalistiche, in relazione al Disegno di legge che vede tra i suoi primi firmatari il deputato Stefano Quintarelli.
Il disegno di legge (DDL) reca il titolo: “Disposizioni in materia di fornitura dei servizi della rete internet per la tutela della concorrenza e della libertà di accesso degli utenti”.
Atto Senato 2484, presentato alla Camera a luglio 2014 (Atto Camera 2520)
Su questo DDL sarebbe stato detto di tutto:
a) che è anti-apple;
b) che è una legge voluta dal M5S;
c) che il PD Renziano sarebbe contro;
d) che porterebbe gli iPhone via dall’Italia;
e) che non serve perchè c’è un regolamento europeo o che il mercato delle app deve essere regolato a livello europeo;
f) che Apple si sarebbe lamentata.
In realtà, da una prima lettura del DDL, emerge innanzitutto il tentativo di definire la qualificazione dei servizi forniti all’utenza sulla rete internet.
L’art. 2 del DDL, stabilisce in proposito che nell’offerta commerciale al pubblico e nella documentazione contrattuale e informativa dei fornitori di reti o di servizi di comunicazione elettronica non può essere qualificato come «accesso ad internet» o «servizio internet» un accesso o servizio di connettività che limiti la possibilità di fruizione da parte dell’utente a una porzione o a un sottoinsieme di servizi offerti sulla rete internet.
L’operatore deve quindi deve indicare, con il maggior grado di precisione tecnicamente possibile, le limitazioni poste rispetto ad un accesso o servizio di connettività che consenta la fruizione illimitata di servizi offerti sulla rete internet.
L’articolo 3 poi precisa che ai fornitori di reti o di servizi di comunicazione elettronica non è consentito ostacolare l’accesso ad applicazioni e servizi internet, ovvero rallentarlo rispetto alla velocità alla quale sarebbe fornito a un utente nella stessa area avente la medesima capacità di banda e con accesso illimitato alla rete internet, fatti salvi i casi in cui le misure che ostacolano o rallentano l’accesso siano necessarie, comunque per brevi periodi (e viene poi elencata una ristretta casistica di 4 casi di forza maggiore o necessità).
L’art. 4 del DDL è poi particolarmente interessante in quanto prevede che gli utenti hanno il diritto di reperire in linea, in formato idoneo alla piattaforma tecnologica desiderata, e di utilizzare a condizioni eque e non discriminatorie software, proprietario o a sorgente aperta, contenuti e servizi leciti di loro scelta.
Secondo l’art. 4, gli utenti hanno il diritto di disinstallare software e di rimuovere contenuti che non siano di loro interesse dai propri dispositivi, salvo che tali software siano previsti come obbligatori da norme imperative o siano essenziali per l’operatività o per la sicurezza del dispositivo, delle reti pubbliche di comunicazioni alle quali si connette o dei dati gestiti dal dispositivo. È comunque vietata ogni disinstallazione effettuata al solo fine di consentire al dispositivo di funzionare in violazione di norme imperative.
L’art. 4 contiene, poi, una importante disposizione di chiusura, precisando che i diritti di cui al citato articolo, non possono essere in alcun modo limitati o vincolati all’acquisto o all’utilizzo di alcuni software, contenuti o servizi, salvo che gli stessi non rientrino nei casi sopra previsti, da parte dei gestori delle piattaforme mediante strumenti contrattuali, tecnologici, economici o di esperienza utente.
Certamente alcuni passaggi potrebbero essere meglio precisati.
Ma al netto di alcune considerazioni minori, è corretto dire che il DDL Quintarelli mira a supportare i diritti degli utenti contro gli abusi degli operatori telefonici e dei costruttori di smarpthone; a difesa della libertà d’uso di internet e delle app.
Il corso di questo DDL è piuttosto curioso. Passato alla Camera senza colpo ferire è stato improvvisamente bloccato al Senato e non ancora calendarizzato.
Sullo sfondo (ma neanche tanto) la battaglia sulla neutralità della rete che però, come evidenziato da alcuni detrattori del DDL, trova già una sua regolamentazione nel Regolamento Europeo 2015/2020 e nelle sue successive Linee Guida emesse dal BEREC (Body of European Regulators for Electronic Communications).
In realtà la Regolamentazione Europea non sembrerebbe in contrasto con il DDL Quintarelli, sia perchè quest’ultimo si riferisce sostanzialmente all’apparato sanzionatorio devoluto agli Stati membri dell’UE, sia perchè il citato Regolamento europeo viene costantemente richiamato nel DDL sempre in chiave di presupposto (“Fermo restando quanto stabilito dal regolamento….“).
Come detto da illustri colleghi, la legge è una petizione di principio per difenderci da problemi futuri. “Per esempio per impedire che muoia l’accesso libero a internet su smartphone, sostituito del tutto dal mondo delle app“.
Ad oggi, di fronte a casi di questo tipo, l’unica via possibile sarebbe il costoso e lungo ricorso per le procedure cosiddette Antitrust.
Con la nuova legge è possibile fare un ricorso più rapido e meno costoso ai sensi degli articoli 22-27 del Codice del Consumo, D.lgs 206/2005.
I detrattori di questo DDL sostengono che rischia di non essere utile oggi e di creare incertezza tra gli operatori del settore.
Ma tra gli incumbent, Google e Facebook sembra abbiano risposto alla richiesta di audizione in sede di predisposizione del DDL mentre Apple non è chiaro se abbia fornito chiarimenti.
La domanda è: ci sono dei lobbisti in azione su questo DDL?
Una nota di colore:
Apple Insider ha definito “iperboliche” le reazioni della stampa italiana “interpretazioni ridicole” quelle offerte dai giornali italiani.
Per finire, trovo poco opportuno (per non dire altro) che uno dei più noti quotidiani nazionali, titoli “Il Disegno di legge che potrebbe mettere al bando l’iPhone in Italia” con a fianco la foto del deputato Stefano Quintarelli”.[:]