[:it]E’ una vecchia storia ma vale sempre la pena ricordarla.
House of Cards è una serie televisiva uscita su Netflix negli Stati Uniti diversi anni fa e basata su una popolare serie televisiva inglese.
Il suo regista è David Fincher e il suo protagonista indiscusso è Kevin Spacey.
House of Cards è stato un grande successo. Ma la cosa certamente più interessante è che i produttori sapevano che sarebbe stato un successo prima del ciak iniziale.
E’ bastato combinare tutti i dati presenti nel database Netflix (e forse di qualche altro provider) per capire esattamente quali erano i gusti e le tendenze degli utenti a stelle e strisce e….bingo: House of Cards è un vero successo.
Netflix, a differenza dei Warner Village di un tempo, non deve impressionare nessuno con straordinari e costosi templi del cinema distribuiti sul territorio nazionale.
Deve semplicemente diversificare (il più possibile) i suoi prodotti, spararli a raffica tra i suoi utenti e vedere quanti e quali vengono guardati, per quanto tempo (anche la durata determina profilazioni di inestimabile valore), in che zona territoriale e senza contare tutte le ulteriori informazioni relative alle caratteristiche dell’utente che consentono ai creatori del film o della serie di valorizzare determinati prodotti da pubblicizzare all’interno della serie televisiva stessa.
In Europa si sta per replicare all’esperimento già condotto con grande successo negli Stati Uniti. E gruppi di registi indipendenti, artisti meno noti, attori, sceneggiatori, fanno la fila davanti alle sedi di Netflix in Italia e negli altri paesi europei per cercare di proporre una loro serie televisiva (da produrre a basso costo) e lanciare sul mercato europeo.
E Netflix si ritrova così un campionario di nuovo prodotti da proporre ai suoi utenti, per tirare su un pozzo di informazioni sulle loro abitudini televisive e i loro interessi.
Mentre quindi i grandi canali televisivi tradizionali si affrettano per fare causa ai distributori di film streaming on line non autorizzati per cercare di proteggere le loro licenze distributive, Netflix – a costi bassissimi – offre contenuti di qualità legalmente e cresce quotidianamente di valore passando da oltre 50 milioni di utenti in tutto il mondo nel 2014, a quasi 100 milioni nel 2016 (fonte: Netflix IR). In Italia il dato utenti non è stato rivelato, anche se una fonte (PwC) parla di circa 300.000 utenti attivi tra fase test e pagatori.
La straordinaria rivoluzione collegata al fenomeno Netflix (da molti probabilmente sottovalutata) è quella della valutazione, in tempo reale, dell’umore degli utenti in un dato momento storico.
E se l’umore ti porta a guardare un film piuttosto che un altro in un dato momento storico, un certo film o una certa serie televisiva ti spinge verso determinate emozioni.
In sostanza il test già condotto da Facebook qualche tempo fa e finalizzato ad influenzare i sentimenti dei suoi utenti, potrebbe essere sviluppato all’ennesima potenza perchè mentre un post (o una serie di post) facebook ha capacità di influenza limitate, un film o una serie televisiva sono certamente più invasivi e determinanti.
Molti di noi potrebbero sentirsi superiori a queste forme di controllo. In realtà sono proprio questi, i soggetti più vulnerabili che non concepiscono l’invasività della profilazione.
A contribuire alla profilazione non c’è solo la scelta del film o della serie televisiva, ma anche del fast forward, della search per parole chiave o nomi, ecc..
Il tema ha ripreso di recente attualità, grazie all’odierno Convegno su Big Data e Privacy (in live streaming qui) e la nuova geografia di poteri che si sta delineando a livello internazionale.
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